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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), III, 29
 
originale
 
[29] Iamque rerum tantarum pondere et montis ardui vertice et prolixo satis itinere nihil a mortuo differebam. Sed mihi sero quidem serio tamen subvenit ad auxilium civile decurrere et interposito venerabili principis nomine tot aerumnis me liberare. Cum denique iam luce clarissima vicum quempiam frequentem et nundinis celebrem praeteriremus, inter ipsas turbelas Graecorum [Romanorum] genuino sermone nomen augustum Caesaris invocare temptavi; et "O" quidem tantum disertum ac validum clamitavi, reliquum autem Caesaris nomen enuntiare non potui. Aspernati latrones clamorem absonum meum caedentes hinc inde miserum corium nec cribris iam idoneum relinquunt. Sed tandem mihi inopinatam salutem Iuppiter ille tribuit. Nam cum multas villulas et casas amplas praeterimus, hortulum quendam prospexi satis amoenum, in quo praeter ceteras gratas herbulas rosae virgines matutino rore florebant. His inhians et spe salutis alacer ac laetus propius accessi, dumque iam labiis undantibus adfecto, consilium me subit longe salubrius, ne, si rursum asino remoto prodirem in Lucium, evidens exitium inter manus latronum offenderem vel artis magicae suspectione vel indicii futuri criminatione. Tunc igitur a rosis et quidem necessario temperavi et casum praesentem tolerans in asini faciem faena rodebam.
 
traduzione
 
Intanto un po' per tutto quel carico, un po' per la ripidezza di quei viottoli di montagna, un po' per la molta strada gi? fatta, tra me e un morto c'era ormai poca differenza. Eppure, anche se in ritardo, mi venne un'idea di quelle fini, cio? di fare appello alla legge, sperando che tirando in ballo il nome dell'augusto imperatore, mi sarei liberato di tutti i miei guai. E cos? a giorno fatto, mentre, finalmente, attraversavamo un villaggio popoloso e pieno di gente accorsa per il mercato, giunto nel bel mezzo di un gruppo di greci, tentai di invocare nella loro lingua, il nome augusto di Cesare, ma non mi riusc? di gridare che un ?O? forte e chiaro, ch? il resto del nome Cesare non potetti articolarlo. Urtati assai da quel mio raglio sgradevole i briganti cominciarono a darmene un fracco da spianarmi la pellaccia fino a ridurmela peggio di uno straccio. Finalmente il gran Giove volle porgermi una via di salvezza. Infatti, mentre sorpassavamo casette di campagna e grosse cascine, io vidi un giardinetto grazioso nel quale oltre a diverse piante leggiadre c'erano delle rose ancora in boccio e stillanti di rugiada. Tutto lieto e arzillo per la speranza della salvezza mi ci accostai e con le labbra avide gi? stavo per afferrarle quando feci una considerazione che fu davvero assai saggia e cio? che se io mi fossi ritrovato non pi? asino ma Lucio, quei briganti, di sicuro, mi avrebbero fatto fuori o perch? sospettato di magia o per la paura che un domani li avrei denunciati. E cos?, anche questa volta, per forza maggiore, dovetti rinunziare alle rose e, rassegnandomi alla mia temporanea sventura, proprio come un asino mi misi a masticare fieno.
 

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